«C’è chi si gode la vita, c’è chi la soffre, invece noi la combattiamo». Esordisce così, con un antico detto degli Urca Siberiani. Nicolai Lilin ci guida per mano tra i ranghi della comunità in cui è cresciuto e che lo ha forgiato per poter essere un criminale onesto. Sulla sua pelle si intrecciano tatuaggi mai banali e che solo i veri criminali sanno leggere come un libro stampato. Ci perderemo nella Transnistria e a Tiraspol, in un mondo per noi culturalmente lontano. Un romanzo autobiografico che per molti giornalisti è solo un audace mix di menzogne. Non spetta a me dirimere il dilemma. E’ un racconto coinvolgente che rimarrà impresso nei ricordi di chi lo leggerà come quei tatuaggi che attraversano la vita del protagonista.
Io ho acquistato un’edizione Einaudi.